And it burns, burns, burns
Progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
Ideazione e Coreografia Simona Bertozzi
Interpreti Anna Bottazzi, Arianna Ganassi, Giulio Petrucci, Aristide Rontini, Stefania Tansini
Musica Francesco Giomi
Luci Simone Fini
Costumi Cristiana Suriani
Organizzazione Beatrice Capitani
Promozione Elena de Pascale
Ufficio Stampa Michele Pascarella
Durata 60’
Produzione Nexus 2016
Con il contributo di Mibact e Regione Emilia Romagna-Fondo di Sostegno alla produzione e distribuzione della Danza d’Autore Regione Emilia-Romagna 2015/2016
Con il sostegno di Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto Centro di Produzione
In collaborazione con ATER Circuito Multidisciplinare dell’Emilia Romagna, Armunia Festival Costa degli Etruschi, Santarcangelo dei Teatri
“…Della necessità chi è che tiene il timone? …”
Eschilo, Prometeo Incatenato
In questo quadro finale sono presenti cinque interpreti, adulti e adolescenti, insieme per ribadire, del Prometeo, la riflessione sulla technè e sulla trasmissione del “saper fare” in quanto pratica non esauribile, tesa al turbamento della natura umana.
Sono Anna e Arianna, rispettivamente tredici e quindici anni, a tessere la trama del costrutto coreografico.
Irrompono nello spazio solcato dalle azioni dei tre adulti, come il coro delle Oceanine che per prime giungono al Prometeo incatenato e, all’unisono, con agire misurato, netto e via via sempre più perentorio, segnano le traiettorie su cui si innesterà l’intero percorso, scandendo le tappe di un possibile dialogo tra età, intenti e proiezioni.
La danza di adulti e adolescenti diventa così il territorio in cui far deflagrare le improvvise rivelazioni, la trama dei desideri e delle sorprese, l’impossibilità di un arresto. C’è tanta forza, ma anche fragilità e sbilanciamento, come di fronte a ciò che non si può prevedere. Il corpo in crescita si lancia e sovrappone a quello maturo. L’adulto osserva l’adolescente introiettando pulsazioni elettriche e perentorie esercitazioni.
Si stratifica il sapere appena appreso per predisporsi alla vertigine successiva.
E’ una fiamma che non si estingue. E l’orizzonte resta sospeso tra possibilità di caduta o elevazione.
(S.B.)
“La danza apre a immaginari ancestrali e contemporanei, un microcosmo fluttuante, circolare, increspato, con le due Oceanine, dai gesti sincroni, che scandiscono con dei brevi versi la struttura coreografica dove il segno spaziale è geometrico e frammentato, luminoso e cupo.”
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Giuseppe Distefano, Danza & Danza – gennaio-febbraio 2017
“L’uno accanto all’altro, gli interpreti si lanciano generosi nella creazione di figure complesse e polimorfe, nelle quali la costruzione dell’agire individuale (con la ricerca di percorsi, sequenze e atteggiamenti diversi per ognuno) si alterna al magmatico avvilupparsi del gruppo, e la concentrazione dello sforzo esatto si affianca allo scarico d’energia nell’esplodere della forma. Il tutto senza inizio né fine, ma in un’alternanza tenace che sembra non volersi esaurire più.”
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Giulia Taddeo, GB Opera Magazine – dicembre 2016
“Nella coreografia si evidenzia una differenza di ruoli: da una parte gli adulti con il loro sapere consolidato, la sicurezza di gesti che oscillano tra la caduta e il volo; dall’altra parte la freschezza, la ricerca del movimento delle due adolescenti. Una bilancia tra equilibrio e instabilità.”
Vanessa Sorrentino, Gagarin Orbite Culturali – agosto 2017
“Ne risulta un’armonia raffinata e – appunto – naturale, una danza tanto formalmente studiata e curata quanto fluida ed equilibrata, potente eppure delicatamente vulnerabile.”
Laura Bevione, PAC – paneacquaculture – luglio 2107
“And it burns, burns, burns è danza vivissima che ribolle nella camera magmatica di un vulcano, in un tempo anche qui sospeso, un tempo da venire, da inventare, in bilico tra l’eternità degli dèi e la mortalità degli uomini.”
Giulio Sonno, Paper Street – luglio 2017
“Senza forzare la ricerca in una sterile originalità, l’esito cui Simona Bertozzi giunge è allora superbo con il segno plastico disegnato nello spazio capace di restituire senso figurativo al vuoto, donare alla forma la sostanza del concetto e sublimare il mito a materia di cui è fatta la realtà.”
Daniele Rizzo, Persinsala – luglio 2017
“And it burns, burns, burns coreografia di Simona Bertozzi sul mito di Prometeo, molto concettuale, ma un lavoro perfetto sul piano formale. Il rapporto col mito è più associativo che illustrativo e Anna Bottazzi, Arianna Ganassi, Giulio Petrucci, Aristide Rontini, Stefania Tansini sono corpi che danzano con ritmi complessi, inventano nuove immagini, infondono finalmente concreta umanità.”
Anna Bandettini, Repubblica – luglio 2017
“La danza apre a immaginari ancestrali e contemporanei, un microcosmo fluttuante, circolare, increspato, dove le due Oceanine, dai gesti sincroni, scandiscono in tre tempi con dei brevi versi la struttura coreografica dove il segno spaziale è contemporaneamente geometrico e frammentato, luminoso e cupo, generando una inquietudine. Quella percezione inquietante generata da una ripetizione gestuale come un tarlo che scava.”
Giuseppe Distefano, Sipario – gennaio 2017
“le differenze fisiche e di movimento esibite come tali all’inizio dello spettacolo sembrano d’improvviso scomparire, e i salti, i giri, gli squilibri, non paiono movimenti coreografici eseguiti in sincrono, ma i respiri e i battiti di un unico organismo collettivo. Prometeo, attraverso il dono di sé, ha costruito una comunità.”
Maddalena Giovannelli, Stratagemmi – luglio 2017
“La trasmissione del sapere, della tecnica, è una fiamma che non si estingue. A ogni passaggio non può che aumentare, mutare, cambiare segno nel corpo di chi se ne appropria.”
Andrea Pocosgnich, Luca Lòtano, Teatro e Critica – luglio 2017
“La trama parte da segni fisici che paiono descrivere la difficoltà dei corpi a trovare una dimensione di equilibrio, sempre e continuamente rotto da cadute, incertezze, spostamenti, con reiterate ricerche di nuove ascensioni, voli, aspirazioni dal basso all’alto, dal suolo al cielo.”
Renzia Dinca, Rumor(s)cena – luglio 2017