PROMETEO: ARCHITETTURA
Progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
Coreografia Simona Bertozzi
Musica Susumo Yokota e altri
Luci Antonio Rinaldi
Organizzazione Beatrice Capitani
Promozione Elena de Pascale
Ufficio Stampa Michele Pascarella
Produzione Compagnia Simona Bertozzi /Nexus 2016
Con il contributo di MIBACT e Regione Emilia Romagna
Con il sostegno di Associazione Danza Urbana, Associazione Cantieri Danza, Ater-Circuito Multidisciplinare dell’Emilia Romagna, H(ABITA)T – Rete di Spazi per la Danza/Mousiké
Si ringraziano La Soffitta delle Arti, Atelier, Centro Professionale Danza di Ravenna e Centro Mousikè Bologna e da cui provengono le interpreti coinvolte nel lavoro.
Residenze creative La Torre Ravenna, Almagià Ravenna
Durata 30 min
“Insomma a farla breve, sappi questo: ogni arte umana viene da Prometeo.”
Eschilo, Prometeo Incatenato
Il mio avvicinamento al mito di Prometeo, alla possibilità di tradurre la technè in esercizio potente e rigoroso dell’agire e farne luogo di condivisione, di socialità, di criticità, ha trovato spazio in una riflessione sulla danza, sulla sua natura di pratica corporea tesa alla vitalità umana e alla produzione di un alfabeto complesso di possibilità di scambio e coabitazione.
In Prometeo: Architettura, quinto dei sei quadri dedicati al Prometeo, la prospettiva del tracciato coreografico sarà agita da un gruppo di giovanissime danzatrici e danzatori tra i 10 e i 16 anni alle prese con la condivisione di un habitat, di uno spazio severamente occupato dalla loro necessità di dare vita a immagini, visioni e proiezioni, strutture d’azione. Micro narrazioni ambientali in cui la testimonianza depositata dai corpi rivela una specie in crescita e in dialogo con le regole e i dettagli “climatici” in cui agisce: docile e ostinata.
Se da un lato si assiste all’architettura di fraseggi definiti, reiterati e rimodulati, sopraggiungono dall’altra la mobilità e le gradazioni di calore prodotte dal dialogo fra anatomie e presenze sempre diverse, poiché riunite direttamente sul territorio in cui il lavoro viene presentato.
Un quadro coreografico che rinegozia ogni volta le prospettive di innesto, esplorazione, sospensione e che accorda il suo titolo alle città in cui prende forma.
S.B.
“Che la coreografa sia una delle espressioni più rimarchevoli del panorama italiano lo si sapeva e che da tempo si misuri con una tipica “pedagogia” della danza pure, ma sorprende questo lavoro, questo quinto pezzo di un progetto ancora tutto da costruire, per l’impressionante qualità della fattura e per la precisione delle giovani interpreti.”
Paolo Ruffini, Hystrio – ottobre-dicembre 2016