PROMETEO: IL DONO
Progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
Ideazione e coreografia Simona Bertozzi
Danza Aristide Rontini, Stefania Tansini, Simona Bertozzi
Musica Francesco Giomi
Luci Antonio Rinaldi
Organizzazione e promozione Beatrice Capitani
Ufficio Stampa Michele Pascarella
Produzione Nexus 2015
Con il contributo di MIBACT e Regione Emilia Romagna
Con il sostegno di Cango/ Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza
Residenze creative Cango/ Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza,
Armunia-Dimore d’Autunno,
Laminarie-Dom La Cupola del Pilastro
Con il sostegno di H(ABITA)T – Rete di Spazi per la Danza/Mousiké
Durata 40 min
“Così, l’uomo si impadronisce di certe visioni, la cui potenza genera la sua potenza. Su di esse coordina la propria storia, di cui esse costituiscono il luogo geometrico.”
Paul Valéry
La consegna di Prometeo è introdurre l’umanità alla capacità di creare, di forgiare, di coltivare e costruire. Di inoltrarsi nell’articolazione di una pratica in cui l’agire si fa complesso per tensione alla cura, alla vitalità creativa.
In Prometeo: il Dono, secondo quadro coreografico del progetto Prometeo, la riflessione sulla natura del dono si attualizza nella capacità di addentrarsi in una traiettoria d’indagine, di esercitare un linguaggio che, nella sostanza del gesto e del movimento, possa farsi luogo della visione e delle mutevoli corrispondenze fra le immagini.
Un territorio di frequenze e periodicità, di rette e fasce curve, in cui i corpi dispiegano scritture energiche e articolate, producendo una trama di solitudini e combinazioni dialogiche che si alimentano per reazioni, per ebbrezza della complessità. Si preferisce ricadere nel vortice…
E’ una pratica vertiginosa, quella che accomuna le tre presenze volta ad afferrare la prospettiva di un frammento, di una sezione dinamica, di uno scorcio anatomico. Masse sospese, volumi che si assottigliano, groviglio delle velocità. Posture in continuo decentramento per impossibilità ad arrestarsi.
Laddove la pratica e l’ostinazione fan sì che il movimento appaia levigato e riconoscibile, è il compenetrarsi tra la sua grammatica e la mobilità degli immaginari in gioco a lasciare aperto il flusso delle possibili trasfigurazioni.
Quei momenti di fragilità che sospendono la punteggiatura del fraseggio e permettono di rinegoziare la propria azione nell’incontro con l’altro.
Simona Bertozzi
Citando Paul Valéry, Simona Bertozzi comunica un umanesimo coreografato in cui «l’uomo si impadronisce di certe visioni […] e su di esse coordina la propria storia, di cui esse costituiscono il luogo geometrico». Rette parallele o incidenti che ricollocano il danzatore nel mezzo di un discorso, unendo il sapere intellettuale a quello della pratica per la creazione di uno spazio la cui struttura è sì contenitore del corpo ma il corpo al tempo stesso la contiene.
Lucia Medri, Teatro e Critica – 10 luglio 2016
La tecnica di cui Prometeo fa dono ai mortali diventa un flusso di impressioni, un groviglio di reattività. E la scrittura coreografica di Simona Bertozzi porziona dinamiche, afferra prospettive, accorda fragilità e impossibilità di arrendersi, e di fermarsi.
Valentina De Simone, Che Teatro Fa – Repubblica.it – ottobre 2016
“Sulla scena spoglia due donne (la giovanissima Stefania Tansini e la stessa Simona Bertozzi) sono vincolate dai movimenti sincroni e ripetitivi con cui rispondono alla rarefatta musica elettronica di Francesco Giomi (…) A innovare le trame di una tecnica che sopprime ogni leggerezza nell’esercizio compulsivo del corpo sopraggiunge l’elemento maschile.”
Nicola Fogazzi, Stratagemmi – luglio 2017